In classifica
siti web

Cerca nel blog



UN CORDIALE BENVENUTO NEL SALOTTO VIRTUALE DEI CULTORI DELL'ICONOFILIA, LO STUDIO ED IL COLLEZIONISMO DEI SANTINI E DELLE ANTICHE IMMAGINI DEVOZIONALI





martedì 23 giugno 2015

I Santjes Fiamminghi firmati Bunel e la storia di un'importante Dinastia di Stampatori ed Editori del secolo XVIII


Sancta Sabina

Incisione a bulino su rame stampata su spessa pergamena.
La Santa è qui raffigurata e colorata a mano nei caratteristici, inconfondibili, brillanti colori entro una simbolica cornice ottagonale su sfondo in oro zecchino.
Straordinariamente curati i dettagli del ricco panneggio delle vesti e l'elegante, elaborata acconciatura con chignon ornato dalla bionda treccia raccolta intorno ad esso che molto richiama le sofisticate e bellissime pettinature delle nobili Matrone Romane dell'Età Classica.

Artista-Incisore e Stampatore: Michiel Bunel
Anversa, secolo XVII

© Collezione privata Michele Fortunato Damato



Michiel Bunel, capostipite di quella che oggi da noi Cultori dell'Iconofilia viene con ammirazione ricordata e citata come una tra le più illustri e potenti Dinastie di Stampatori ed Editori di Santjes- le meravigliose, antiche Immagini devozionali Fiamminghe realizzate su carta e su pergamena- iniziò, assai giovane, dalla gavetta.




Un conciatore al lavoro presso la sua Bottega

Ex libris- secolo XVIII



Il suo primo lavoro -alle dipendenze, per diversi anni, presso alcune Botteghe in Anversa, antica, principale Città delle Fiandre dove nacque nell'anno 1670- fu infatti quello del conciatore di pelli di capretto, agnello e vitello destinate- quali pregiate pergamene- all'uso librario così come per la realizzazione delle sacre immagini in xilografia ed incise a bulino su lastra in rame, deputate dalla nuova Chiesa Cattolica scaturita dalla Controriforma alla Catechesi e votate alla conversione degli stessi Protestanti.

Come per altri Incisori e Stampatori Fiamminghi a lui contemporanei la cronaca è avara, purtroppo, di notizie biografiche nel dettaglio e lacunosa di molte date.

Sappiamo che, tra il 1690 e la fine del secolo, Michiel si unì in Matrimonio con Maria Magdalena Vereycken che, nell'anno 1701, diede alla luce la figlia primogenita cui venne dato il nome di Anna Maria.
Successivamente- non si conoscono le date di nascita e di morte-nacque Gaspar Jozef.



Sanctus Petrus
Incisione a bulino su rame colorata a mano e stampata su pergamena
Artista-Incisore e Stampatore: Michiel Bunel
Anversa, secolo XVII

© Collezione privata Dr.Theo Breugelmans


Michiel Bunel, Incisore autodidatta, dotato di un talento naturale e non comune, dopo un inizio irto di non poche difficoltà e con enormi sacrifici, aprì in Anversa una Bottega calcografica propria dove egli stesso incideva a bulino i Santi su rame ma dove, prevalentemente, operò in qualità di Stampatore ed Editore.

Dotato come Incisore di non comune perizia e di rara maestria venne accolto nell'anno 1698, con gli onori tradizionalmente lì tributati ai più insigni Artisti- Pittori ed Incisori- Fiamminghi ed Olandesi, dalla celebre Gilda di San Luca, che lo insignì del prestigioso titolo di "Master"- Maestro.

Michiel Bunel- il Maestro Incisore, lo Stampatore, l'Editore nonche' Mercante di antiche Immagini devozionali- rilevò un importante quantitativo di rami - si trattò prevalentemente delle cosiddette Gebedsprentjes, i caratteristici Santini Fiamminghi "divisi a metà" con l'immagine sacra incisa nella porzione superiore e una Preghiera- Ghebedt - in quella inferiore- originariamente incisi da Hieronymus Wierix e Franz- o Frans - Huberti.




Den H.Vader Franciscus

GEBEDSPRENTJE

© Collezione privata Dr.Theo Breugelmans


Pubblicò anche un considerevole numero di Santini-Ricordo di Pellegrinaggio, celebrativi dei più importanti Santuari Mariani del tempo, tra i quali Kevelaer, Keulen e Kamerijk.

La maggior parte di essi furono con didascalia e preghiera in lingua Fiamminga, sebbene siano giunti sino a noi, attualmente conservati presso importanti Musei di Anversa così come di altre principali Città di Olanda e del Belgio, esemplari di Santjes con testo in lingua Tedesca e preghiera nella duplice versione in Tedesco e lingua Latina, destinati per commissione ad alti prelati della Baviera, e più in generale della Germania e dell'Austria, impegnati nel tentativo di porre argine al Protestantesimo lì dilagante.

Per quanto trapela da questo lontano Passato non fu, tuttavia, semplice l'esistenza di Michiel Bunel: nell'anno 1716 la sua amata moglie Maria Magdalena prematuramente morì, lasciando un vuoto immenso ed incolmabile nella sua vita e in quella di Anna Maria e Gaspar Jozef, entrambi poco più che adolescenti.

Profondamente amareggiato dalle tristi vicissitudini della vita e nondimeno preoccupato da vecchi debiti ancora insoluti - sappiamo che riuscì ad estinguerne uno di una certa entità nell'anno 1735- pur sempre confortato dall'affetto dei suoi amatissimi figli Anna Maria e Gaspar Jozef, Michiel morì ad Anversa quattro anni più tardi, nel 1739, prima del compimento del suo settantesimo anno.

Alla morte del padre fu Anna Maria- la sua figlia prediletta- a prendere in mano con competenza e decisione le redini dell'attività di Famiglia.



San Felice da Cantalice e l'Angelo
Museale, meravigliosa Immagine devozionale Fiamminga colorata a mano e stampata su pergamena
 Stampatore ed Editore: Anna Maria Bunel
Anversa, secolo XVIII

© Collezione privata Dr.Theo Breugelmans



Dotata di un'intelligenza brillante e di un forte temperamento, Anna Maria riuscì, anche con l'aiuto del fratello, ad estinguere i debiti ancora pendenti e a riorganizzare in maniera ottimale l'attività all'interno della Bottega calcografica di proprietà in Anversa, dando presso di essa lavoro, in qualità di Incisore, anche a colui il quale sarebbe divenuto il suo sposo ed inseparabile compagno dell'intera sua vita: Charles Neel (1700 ?- +1743).

Anna Maria, sempre nel rispetto dell'originaria impostazione conferita dal padre Michiel all'attività, riuscì abilmente, pur nel clima avvelenato di crescente, agguerrita competizione in Città tra le ormai numerosissime Botteghe produttrici di Immagini devote, ad incrementare il lavoro, diffondendo i propri Santjes- anche lei, seguendo l'esempio del padre, riciclò, stampandoli su carta e su pergamena, principalmente vecchi rami incisi dal Wierix e da Franz Huberti- reimmettendoli sul Mercato con la sua firma.



San Giovanni Evangelista

Straordinaria, rara iconografia incisa a bulino su rame e stampata su pergamena.

L'Evangelista Giovanni, benedicente, tiene sulla mano sinistra il calice dal quale emerge, prima di evaporare definitivamente, il veleno mortale incarnatosi nel drago: è la prova cui viene sottoposto da Aristodemo, gran Sacerdote del Tempio di Artemide ad Efeso di cui parlano i Vangeli di Marco- XVI, 17-18- e Matteo-  XX, 20-24.

Artista-Incisore e Stampatore: Michiel Bunel
Anversa, secolo XVII

© Collezione privata Michele Fortunato Damato




L'incremento esponenziale delle richieste, sul territorio ed oltre confine, e la conseguente, massiva produzione, valse ad Anna Maria, all'età di 27 anni, nell'anno 1728,  il riconoscimento da parte della Gilda di San Luca del titolo di "Figlia di Maestro nel commercio di Immagini devozionali".

Anna Maria muore in Anversa nel 1766.

Le succederà il fratello Gaspar Jozef- non presente nell'Archivio della Gilda di San Luca- Stampatore, Editore e nel contempo appassionato iconofilo e collezionista di Santini, alla morte del quale la Vedova subentrerà nella gestione dell'attività, ormai famosa e consolidatamente fiorente, firmando a sua volta le stampe, definitivamente, come V.Bunel - Vidua- ossia Vedova- Bunel

© Paola Galanzi

venerdì 12 giugno 2015

Un Catalogo d'epoca svela il mistero del vero Santino nr.336, '"Araba Fenice" della Serie Comune della Santa Lega Eucaristica di Milano

 
Beata Maria degli Angeli: il VERO Santino nr. 336 della Serie Comune della Santa Lega Eucaristica di Milano
 
Collezione privata Galanzi
 
 
Esulteranno e potranno, finalmente, tirare un gran sospiro di sollievo -quasi catartico- i numerosi Iconofili e Collezionisti Italiani, estimatori dei bellissimi Santini in cromolitografia rientranti nella nota "Serie Comune" dalla Santa Lega Eucaristica di Milano, che da anni cercano- invano- tra scatole polverose piene di antichi Santini nei Mercatini domenicali di tutta Italia, l'introvabile, famigerato nr. 336, fino ad oggi da tutti ritenuto corrispondente all'immagine dell'Immacolata Concezione raffigurata insieme alla Medaglia Miracolosa ad ella correlata.

Questo Santino, o meglio il Santino dell'Immacolata Concezione con logo S.L.E. e relativo numero 336, NON esiste.
 
Non fu, infatti, MAI stampato con il numero anzidetto, appunto corrispondente al 336, dalla celebre Casa Editrice Milanese fondata nell'anno 1897 dal Carmelitano Alessandrino Padre Giuseppe Beccaro.
 
Un prezioso, dettagliato Catalogo originale dell'epoca, di diverse centinaia di pagine, ce ne da oggi, a onor del vero, la prova definitiva ed inconfutabile.
 
Il prezioso documento, sottopostomi da un amico Antiquario, riporta, tra l'altro, dettagliatamente numerati, uno ad uno, con le descrizioni delle Sacre Figure ivi celebrate in tecnica cromolitografica, tutti i 340 Santini alla suddetta Serie pertinenti. 
 
La celeberrima Casa Editrice Milanese li vendeva all'epoca alla modica cifra di Lire 5 ogni 100, con previsto il prezzo notevolmente scontato di Lire 45 per chi ne avesse acquistato quantitativo corrispondente a 1000 unità.
 
Pubblico qui di seguito, per gli amici Iconofili e per tutti i Collezionisti interessati, la pagina del Catalogo relativa a tale ritrovata verità.
 
 

Il Catalogo Ufficiale ed originale d'epoca di vendita dei Santini stampati dalla Santa Lega Eucaristica di Milano
(tutti i diritti riservati-per gentile concessione al Blog)
 
 
 
Come si può inequivocabilmente vedere il Santino numero 336 della cosiddetta Serie Comune, stampata già allora con enorme successo dalla Santa Lega Eucaristica, corrisponde alla Beata Maria degli Angeli, la prima Carmelitana scalza ad essere proclamata Beata da Papa Pio IX nell'anno 1865.
 
 
 
 
dettaglio
 
 
 
Votiamo, finalmente sollevati, per l'ipotesi dello scherzo innocente di un buontempone degli inizi del secolo scorso che, avvezzo all'uso dell'inchiostro e familiare ad ambienti tipografici - magari un dipendente della stessa celebre Casa Editrice- si divertì, forse per diletto o forse per dispetto dei già allora numerosi estimatori e collezionisti della Serie, a creare, in unico esemplare, un clamoroso falso - assolutamente e comprovatamente IRREPERIBILE in tutta Italia, in lungo e in largo girata- appunto il Santino dell'Immacolata Concezione con la Medaglia Miracolosa, con logo Carmelitano ed il numeretto stampato 336.
 
 
 
 
L'Immacolata Concezione e la Medaglia Miracolosa
 
Splendido Santino cromolitografico a bordi lisci.
 
Italia, fine secolo XIX-inizi sec. XX
 
Collezione privata Galanzi
 
 
Per chiarire definitivamente al riguardo le idee ai Collezionisti ed estimatori della celebre Serie Comune possiamo anche affermare, come d'altronde già a tutti noto, che il bellissimo Santino cromolitografico celebrante l'Immacolata Concezione e la Medaglia Miracolosa- senza logo Carmelitano della Santa Lega e senza numero 336-  ESISTE ed è, con i dovuti onori, ospitato - e per la Sacra Figura dell'Immacolata Concezione qui celebrata e per la sua indiscutibile bellezza iconografica- con orgoglio in centinaia, e forse migliaia, di Collezioni di Santini d'Italia.


 
L'Immacolata Concezione e la Medaglia Miracolosa
 
Suggestivo dettaglio che mette in risalto la soave bellezza e la ricercata cura stilistica dell'iconografia di questo antico Santino in cromolitografia, databile tra la fine del secolo XIX e gli inizi del sec.XX


Cercato e ricercato disperatamente per anni - o forse per un secolo intero - da tutti i Collezionisti Italiani - uno di loro mi raccontò qualche anno fa di come lo ricercò- ripeto, ovviamente invano- per potere infine completare la famosa Serie Comune, in sei diversi importanti Mercati dell'Antiquariato cartaceo di sei distinte Regioni d'Italia ! - il Santino numero 336 oggi possiamo senza timore di smentita affermare che corrisponde alla Beata Maria degli Angeli.

Reperibile presso i Mercatini della domenica in tutta Italia, in due sole, distinte tipologie: con la sigla S.L.E.M. a stampa al recto o nella versione semplice, priva di detta sigla.
 
Ad oggi non se ne conosce un solo esemplare - ORIGINALE e non contraffatto- logato e numerato 336.
 
Forse alcuni amici Iconofili saranno delusi da questa inconfutabile, ritrovata verità: tutto sommato, infatti, la ricerca del Santino e del numero mancante per completare qualsivoglia Serie rappresenta invero il motore propulsore comune a qualsiasi passione collezionistica- pensiamo alla filatelia o anche alla numismatica- ma anche le variabili fanno parte del gioco e alla fine saranno contenti i Collezionisti di sapere ormai completata la loro Serie Comune S.L.E. con il vero Santino nr. 336: la Beata Maria degli Angeli

Paola Galanzi

venerdì 5 giugno 2015

"I FIORI NEI SANTINI ": l'incantevole Libro di Maria Grazia Reami Ottolini




Scritto dall'Autrice nel 2005 e pubblicato dall'Editore Barbieri di Manduria (Taranto) nel 2011, articolato in 25 capitoli, 323 pagine e ben 675 illustrazioni a colori - tratte dall'ingente Collezione di 120.000 Santini ospitata presso la sezione di Religiosità popolare del Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza - è un Libro entusiasmante, immancabile negli scaffali delle più importanti Biblioteche così come nella privata Libreria di ogni Iconofilo e Collezionista innamorato-come l'Autrice- del Mondo incantevole abitato dai Santini e dalle antiche Immagini della devozione.
 
La scelta del binomio fiori-santini è tutt'altro che casuale in quest'Opera: un'analisi caleidoscopica, appassionata ed attenta - che tocca invero i più svariati campi del Sapere connessi ai Santini- che nasce dalla conoscenza pluridecennale dell'Autrice delle antiche Immagini dei Santi della devozione popolare e della Botanica.
 
Un Libro meraviglioso che profuma di Santità e di muschio, di Rose e di Cipressi, di Fiori di Terra Santa, d'incenso e di Gigli soavissimi sapientemente dipinti a mano. 
 
Nel complimentarmi con ammirazione sincera con l'Autrice per l'incomparabile, certosino suo lavoro e per il serissimo suo impegno nella diffusione dell'Iconofilia auguro a tutti Voi una prossima Buona Lettura e ricordo che potrete trovare il Libro presso l'Editore Barbieri di Manduria (Taranto) a questo indirizzo: http://www.barbierieditore.it/home/index.php?keyword=i+fiori+nei+santini&limitstart=0&option=com_virtuemart&view=category

Paola Galanzi
 
 
 
 
 
UNA COLLEZIONE DI SANTINI E UN LIBRO
 
IL FONDATORE DEL MUSEO DEL PAESAGGIO DI VERBANIA




In un recente articolo scritto per questo importante, bellissimo Blog, nato ed espressamente votato alla diffusione dell'Iconofilia e dell'antica tradizione storico-culturale ed artistica insita negli antichi Santini, introducevo alcune informazioni sul Museo del Paesaggio.
 
In apertura avevo accennato alla possibilità che la denominazione "del Paesaggio"conferita al museo di Pallanza, se non lo si è già visitato, potrebbe far pensare a un luogo dove si custodiscono documenti relativi al territorio e che in qualche modo parlino della sua conservazione e valorizzazione; questa interpretazione è sicuramente pertinente, ma assai riduttiva.
 
E mentre accennavo alle importanti collezioni racchiuse tra le sue mura, opere d'arte che per la maggior parte non riguardano il paesaggio, non avevo raccontato perché il museo si chiami così: una lacuna da colmare.
 

Il nome storico gli fu attribuito oltre un secolo fa come segno distintivo da Antonio Massara,[1] suo fondatore, che aveva ottenuto all’inizio del Novecento una cattedra di Lettere al liceo di Pallanza; la città di Verbania, infatti, nasce solo nel 1939 dalla fusione di Pallanza con alcuni comuni limitrofi.[2]

La visione pedagogico-didattica di questo interessante e purtroppo poco conosciuto intellettuale, era volta a formare non solo i suoi studenti, ma comprendeva tutta la comunità locale, con particolare riferimento al segmento meno acculturato, cioè la maggioranza della popolazione lacustre di allora.  




[1]    Antonio Massara (Meina (Novara) 1878 – Roma 1926)
[2]    Intra, Suna e frazioni.
    

 
 
Scorcio panoramico del Golfo Borromeo
(fonte dell'immagine: Wikipedia)


 
Il paesaggio del golfo Borromeo era di una bellezza straordinaria e, dalla fine del XIX secolo ai primi decenni del XX, assai vivace la vita culturale che si svolgeva sulle sue rive per l'avvicendarsi di villeggianti e dei loro ospiti che frequentavano i grandi alberghi e le splendide ville che a partire da metà 'Ottocento andavano trasformando l'aspetto naturale della costiera in  una sequenza di parchi sontuosi realizzati attorno a  eleganti edifici di stile eclettico.

Tuttavia lo straordinario mutamento del paesaggio e il fervore culturale dell'epoca dovuto alle frequentazioni di personalità di grande spessore culturale e artistico poteva essere avvertito solo da chi avesse saputo o potuto vedere il contesto con occhi allenati e mente e anima sensibilizzate, ma purtroppo non tutti possedevano il privilegio di una preparazione adeguata a questo tipo di comprensione.

Massara voleva offrire anche alla popolazione più semplice e meno abbiente la possibilità di ampliare le proprie conoscenze, aprendo l'intelligenza a nuove esperienze e a concetti poco, o mai praticati.
In questo senso il suo programma educativo precorse i tempi ed  è ancora oggi attualissimo, quando troppo spesso ignoranza ed egoismo dei singoli o delle istituzioni e gretti interessi economici sacrificano l’interesse generale nei confronti dei beni culturali e ambientali.
 
Massara fondò il Museo nel 1909, raccogliendo al suo interno ogni espressione artistica, ma anche di cultura materiale, che servisse allo scopo di avvicinare la popolazione all’arte e alle nobili tradizioni del passato, a capire l'importanza e la bellezza del paesaggio, supportato in questo da un’elegante rivista mensile da lui fondata e diretta, intitolata Verbania, di eccezionale modernità per i tempi: un vero testo d’arte e di cultura.
Su carta lucida, con bellissime fotografie in bianco e nero, fu pubblicata solo per quattro anni, ma ancora oggi è fonte di documentazione quasi introvabile su determinate tematiche d'arte locale.[3]





 [3]    Verbania, Rivista mensile illustrata del Lago Maggiore del Cusio dell'Ossola e del Varesotto  sotto gli auspici dell'Associazione "Pro Verbano" e del Comitato Verbanese della "Dante Alighieri" Diretta da Antonio Massara e Renzo Boccardi, Tipo-litografia Almasio, Intra, telefono N. 58, stampata su carta Americana, Ferdinando dell'Orto, Milano.
La rivista uscì negli anni 1909, 1910, 1911, 1912.




Per anni il Museo del Paesaggio svolse sul territorio un ruolo didattico non indifferente con mostre, seminari e manifestazioni di pregio, ma nel secondo dopoguerra, scomparso ormai da tempo il fondatore, iniziò per l’Ente un periodo di stasi e di declino fino a quando nel 1972 un gruppo di cittadini verbanesi volle riprenderne in mano le sorti per rinverdire il programma che ne aveva motivato la creazione.
 
Tra quegli ardimentosi c’era anche chi scrive che da allora, ininterrottamente fino al 2010, fece parte del Consiglio del Museo.
 
Non narrerò l’epica storia di quegli anni, ma posso affermare che esso ben presto riconquistò appieno il suo ruolo centrale nella cultura del Verbano.

Naturalmente il Museo protegge ancora il paesaggio con interventi concreti, convegni, mostre, eventi di cui l’atlante dei giardini storici del Piemonte quasi completato (il progetto si è momentaneamente arenato per mancanza di fondi) è un esempio straordinario, ma non vengono trascurate nemmeno alcune raccolte cosiddette minori, secondo i dettami dello statuto voluto dal Massara.
 
Una di esse diede origine alla fine degli anni Novanta alla sezione di Religiosità popolare, costituita da una straordinaria raccolta di ex-voto affiancata da una altrettanto straordinaria raccolta di santini.
 
Le due collezioni appartengono a pieno titolo a quella cultura popolare che il fondatore riteneva importantissima per la documentazione e lo studio della storia e della civiltà dei luoghi attraverso la conservazione e l'analisi di oggetti di cultura materiale.

 
 
 
Il Santuario della Madonna di Re in Val Vigezzo
 
 
 

L'ultima ricerca in ordine di tempo è stato il censimento di tutte le cappellette votive della Valdossola e delle valli che vi confluiscono, sfociata nel 2009 nella pubblicazione di un importante volume con una ricca documentazione fotografica e profilo agiografico dei Santi e delle Madonne affrescate per facilitare, a chi vi si soffermi innanzi, il loro riconoscimento.

Si comprende quindi come lo scopo dell'Iconofilia non sia strettamente collezionistico, ma di conservazione di documenti riguardanti un largo spettro di indagini storico-artistiche: in particolare quel peculiare aspetto di religiosità popolare, l'editoria religiosa ad essi legata, le diverse tecniche di realizzazione delle immagini e la loro valenza estetica.

Dopo una ventina d'anni trascorsi a studiare, inventariare e quindi a sistemare in grandi album le migliaia di santini pervenuti al museo in seguito alle mie ricerche appassionate, sentii la necessità di raccontarli per coinvolgere alla maniera di Massara le persone inconsapevoli degli innumerevoli spunti di indagine dell'Iconofilia, se studiata nei suoi molteplici aspetti.   


 


 L'AUTRICE


 

 

 
La mia formazione culturale iconofila non deriva da studi specifici sull'argomento, anche perché quando iniziai a lavorare sui Santini, i testi che ne parlavano erano una rarità, e per lo più stranieri di difficile reperibilità, mentre nell'opinione corrente, salvo rare eccezioni, il giudizio era assai spesso negativo.
 
In quanto a me, la consapevolezza intorno a una inaspettata profondità di contenuti del santino sopraggiunse a poco a poco, e si formò durante i lunghi anni d'inventario, perché, dopo averli numerati, ero costretta a descriverli.
 
Per descriverli dovevo guardarli e a furia di guardarli cominciai a scoprire cose, a compararne altre, ad osservare la fattura, gli stili degli incisori e dei figurinai, le tecniche di stampa, sviluppando così una conoscenza approfondita  che mi permise di vederli e parlarne in altro modo: ormai non erano più solo pezzi della devozione di San Sulpizio, non più bondieuserie, ma un fenomeno di enorme respiro e di sterminata produzione.
 
Cominciai a scriverne, dapprima brevi articoli, poi testi più impegnativi e venni considerata un'esperta: un'esperta appassionata.

I santini analizzati nel libro appartengono tutti alla collezione del Museo del Paesaggio; ciò non costituisce un limite all’indagine poiché il numero elevatissimo di pezzi permette allo studioso una lettura statisticamente assai attendibile dei contenuti.
 
All'inizio degli anni ottanta del Novecento ricordo, infatti, di aver letto un articolo assai elogiativo che sottolineava l'originale novità di una tesi di laurea svolta su una raccolta di trecento santini.
 
Il mio studio ha esteso la  ricerca dei fiori su circa 100.000 santini diversi.
 

 
 

 I FIORI NEI SANTINI

 

 

 
Prima parte, I fiori nella decorazione, cap. I, pag. 24, fig. 18
 
Mazzolino  - Foglioline, erbe e fiori raccolti e seccati dalle religiose di Terra Santa, quindi composti in forma di mazzolino con valore di reliquia, essendo stati posati sul santo Sepolcro.
Santino manufatto di Terra santa con fondino di serie.
Seconda metà del XIX secolo, cm. 10,5 x 7
 
Collezione Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza
 

  


Da testi chiaramente specialistici ci si aspetta un apparato iconografico all’altezza del soggetto trattato: in un libro sui santini si immagina dovervi essere esempi di quanto di più spettacolare fu realizzato in secoli di produzione.
Invece sfogliando qua e là le pagine del libro non ci si raccapezza, perché accanto a un’ammirevole e rara incisione secentesca su pergamena v’è magari un insignificante, banale santino che sembra calato lì per sbaglio. E ve ne sono - orrore - alcune anche rotti !
Mai visto pubblicato niente di simile.
 
Proprio così, perché I Fiori nei Santini non è un libro da guardare, ma è un libro che va soprattutto letto, osservando contemporaneamente le figure per veder dipanarsi la storia dell'editoria, l'abilità di chi invece li realizzava a mano, la trama intessuta da generazioni di catechisti per generazioni di cristiani in un susseguirsi di argomenti apparentemente solo religiosi.
Questi ultimi di fatto oggi sono letture eminentemente culturali, godibili forse più dal lettore laico che dal lettore pio.
 

Varie sono le chiavi di lettura; dato che ve ne sono a profusione, attraverso l’analisi della presenza dei fiori, o meglio degli elementi botanici presenti nell'icona, si snodano la storia del santino, le tecniche di stampa, il succedersi degli stili dell'illustrazione e della grafica, le case editrici specializzate, l’evoluzione della catechesi impartita attraverso le piccole immagini di devozione popolare.

Il testo è diviso in due parti: la prima riguarda l'utilizzo del fiore come ornamento del santino, inserito per il suo valore estetico; la seconda parte si riferisce alla valenza simbolica dell'elemento botanico in un determinato contesto e assume, pertanto, valore religioso. 
Per chiarire come i fiori si prestino all'analisi dell'uno e dell'altro campo, riporto in calce due esempi.
 
 
I PARTE - I FIORI NELLA DECORAZIONE -
Cap. V  - I fiori dipinti a mano, pag. 73, fig. 138
 
 
Due sante, santa Teresa d’Avila, grande mistica e Dottore della Chiesa e santa Luisa di Marillac, fondatrice con san Vincenzo de’ Paoli delle suore Figlie della Carità, quelle che avevano il cappellone ad ala di gabbiano, vengono omaggiate da rose, mentre seduto sull’altare un fanciullino che bussa al tabernacolo, porgendo un giglio a Gesù eucaristico, ci consente di narrare la storia che diede origine a questa iconografia molto sfruttata intorno all’inizio del XX secolo.
 
La prima volta che un santino simile pervenne al Museo, la signora che lo aveva donato disse trattarsi di san Pasqualino, santo fanciullo sconosciuto a chi scrive che, sempre rispettosa  della tradizione orale, cercava disperatamente conferma su dotti testi, ma la mancanza di aureola attorno al capo del bimbetto poneva in fiero dubbio la veridicità storica della informazione.
 
Finché un bel giorno fu donato alla collezione un santino a sorpresa, raffigurante un fraticello circondato da un gruppo di fanciulletti.
Aperta l’antina, sulla terza facciata c’era il solito san Pasqualino.
 
Il santino, della fine del sec. XIX, riportava una specie di lunga poesiola in francese che svelava l’arcano.
 
Quella che segue è la traduzione letterale dello scritto intitolato “Un racconto per la nostra fede”.
 
 
Fanciulli che vi avvicinate all’Eucaristia, venite ad ascoltare un incantevole fatto che mi fu raccontato recentemente e che rivela Gesù Ostia.
Nell’Inghilterra protestante, un santo e buon missionario che predicava anche all’aperto, aveva radunato dei fanciulli e parlava loro con cuore commosso di Gesù nel tabernacolo che un dolce miracolo trattiene sui nostri altari.
Un piccolino puro come un cherubino si stacca dal gruppo di bambini e si avvia verso la chiesa più vicina, tendendo le braccia al tabernacolo; troppo piccolo per attendere ancora a lungo di ricevere Gesù, si arrampica e si siede sull’altare e con la sua ingenua fede implora il nostro adorabile Emmanuel.
Toc! Toc! con la manina bussa alla porta dicendo: - Sei lì Gesù?- Ma nessuno risponde al nostro innocente.
Senza perdere la sua audacia toccante, bussa ancora e poi ripete: - Sei lì? Rispondimi di grazia, che ce l’hanno detto al catechismo. - Ma pur avvicinando l’orecchio, non sente assolutamente nulla. - Può darsi che Gesù dorma... Svegliamolo dolcemente. O caro piccolo Gesù, io t’amo, ti voglio tanto bene, credo in Te. Rispondi alla mia immensa tenerezza, Ti scongiuro, parlami! -
O grazia, o prodigio, o miracolo!...Gesù non si nega più questa volta e dal suo tabernacolo fa sentire la sua voce: -  Sì, abito questa casa dove l’amore mi tiene incatenato; io consolo chi piange. Cosa vuoi fratello amatissimo?- 
Il bimbo con voce commossa risponde: - Mio papà è cattivo, convertilo, te ne supplico! Fatti conoscere da lui, fa che ami il Tuo Nome. - Vai, esaudirò la tua preghiera - risponde Gesù e il fanciullo, felice, torna nella sua casuccia, più obbediente, più devoto.
L’indomani, toccante mistero! senza che gli fosse detta alcuna parola, il padre del piccolo angelo si confessa e si converte.”
    
 
 
 
138. Sa 67034  – Es-tu là Jésus? 
 Santino manufatto con icona di serie incollata su carta pergamena  con grandi rose dipinte a mano.
Primi decenni del XX secolo, cm 11 x 5,5
 
Collezione Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza

 
 

Il piccolo seduto sull’altare mentre bussa al tabernacolo rappresentato nell’immagine, non è quindi l’inesistente san Pasqualino, ma il bimbetto del raccontino edificante che invoca la grazia del pentimento per il suo papà.
 
Questa graziosa leggenda deve essere stata molto amata perché diverse case editrici ne sfruttarono il soggetto, spesso assai apprezzato anche per i ricordi di Prima Comunione.

 
 
356. Sa 51230  Madonna con Bambino.
1930 ca.  Ed. FB. Monocromo al bromuro, cm. 10 x 5,5
 
Collezione Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza
 
 
 II PARTE – LA FLORA SIMBOLICA
Cap. XV Il giardino di Maria, pag. 171, fig.356                                    
Conosceva certamente la simbologia della palma, del cipresso, del leccio e dell’olivo, secondo una antica tradizione gli alberi della Croce, l’autore del santino 652 della casa FB.
Qui la Madonna con Gesù tra le braccia si sofferma ai piedi di una scala davanti a un muretto che si affaccia su un fiume.
Leccio, cipresso e palma si innalzano oltre il greto sfocati nell’atmosfera nebbiosa di una giornata grigia; l’olivo invece è suggerito da alcune fronde che pendono da un arco del portico.
Forse paesaggio, ma la nobiltà delle piante, improbabili in un contesto naturale, suggerisce l’ipotesi di un grande giardino sul fiume.
Solo un fedele preparato poteva leggere in questa immagine il rimando alla Croce.
 
Maria Grazia Reami Ottolini, I fiori nei santini, Barbieri Editore, Manduria (TA), 2011
Presentazione di Luisa Erba dell'Università degli Studi di Pavia