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mercoledì 11 maggio 2011

Iconofilia e Cultura: Laura Teresa, una Suorina vissuta in un Monastero del 1600. La sua grafia: istanti della sua vita impressi per sempre sul verso di un'Immagine devota


Il verso della bellissima incisione Fiamminga firmata dall'Incisore Theodor van Merlen (1600-1659) celebrante San Matteo Apostolo: istanti di vita claustrale in un Monastero dell'Italia del secolo XVII o forse XVIII, impressi per sempre col nerofumo sulla pergamena.

Collezione privata Galanzi

SANCTVS MATTHEVS


"De caro Euangelista San Matteo mi priego ad intercedermi grazia che possa essr diligente, Acciò che pssa osseruare con dilgenza ogni mio douere A.M.D.G. (Ad maiorem Dei Gloriam)"

La bella, manierata grafia ci rende straordinariamente e privilegiatamente testimoni oggi di uno squarcio di vita vissuta tra le mura alte ed antiche di un Monastero nell'Italia del secolo XVII- o forse del XVIII-; assistiamo, quasi trattenendo il fiato, con trepidazione particolare, ad un momento esclusivo, di intenso coinvolgimento emotivo e spirituale, ove la nostra Laura Teresa con una lunga piuma d'oca intinta d'inchiostro di nerofumo racchiusa nella piccola mano, affidò alla benevolenza di Matteo Apostolo la sua giovane vita di Sposa del Signore.

Stilate forse sotto dettatura, alla presenza della Badessa del Convento che per sempre aveva chiuso le sue pesanti porte al suo ingresso un giorno ormai lontano, lasciando al di fuori le bambole di legno vestite di damaschi eleganti, i giochi innocenti e spensierati di una bambina non ancora donna, i ricordi, i profumi familiari e rassicuranti, le coccole materne, i piccoli capricci, i sogni ancora acerbi pieni di sole e di colori.

Laura Teresa era in quel momento giovane, molto giovane: la sua età si inseriva probabilmente tra i 18 e i 25 anni.

La sua grafia, per quanto controllata e compita, tradisce emozione, e forse soggezione, se assumiamo quale probabile l'ipotesi al momento dello scritto della presenza della Superiora, figura di riferimento sì, ma anche probabilmente in grado di trasmettere, con la sua autorevolezza, timore e sottomissione in un Animo ancora troppo fragile e delicato.


Errori di ortografia come lettere mancanti- essr anzichè esser, o ancora, dilgenza mancante di una i, pssa al posto di possa - rivelano a supporto di questa ipotesi disagio e una spontaneità soffocata entro binari rigidi, ri-costruita a misura su sguardi e toni severi di chi dettava tali parole che la sua mano delicata andava imprimendo sulla nobile pergamena.

Nello scrivere lo stesso suo cognome Laura Teresa commise un errore, cui cercò di porre rimedio con un risultato che rende oggi particolarmente ardua l'attendibilità dell'interpretazione: PICQUECE, PICOPIECE o PICOIECE ?

Quale delle tre suddette sia la giusta decifrazione resta un mistero ma, grazie alla chiara radice PIC- ancora oggi identificabile nella PICA, in lingua Francese LE PIC VOLEUR, ossia la simpatica GAZZA dal piumaggio dell'inconfondibile colore nero brillante, che sin dall'alto Medioevo imperò su maestosi Stemmi Nobiliari ed imponenti Alberi Genealogici d'Italia e di Francia, possiamo facilmente e verosimilmente dedurre le limpide origini patrizie della giovane Laura Teresa.

Il cognome PIC-A, ancora oggi diffuso tra il Lazio e l'Abruzzo, vanta proprio in questa seconda Regione della nostra Italia le sue Nobili, anzi, nobilissime origini; questa antica "radice" geografica di provenienza potrebbe magari aiutarci a formulare una teorica origine di Laura Teresa dall'antica Terra dei Marsi......ma, purtroppo, è questa solo un'ipotesi.

Parimenti, se assumiamo la radice PICQ, automaticamente l'ago della nostra bussola ci guiderà oltralpe, in Francia, e più precisamente nell'area della Regione della Borgogna.

Magari la nostra Laura Teresa vantava antiche, nobili origini Francesi....

Al di là delle ipotesi sulla verosimile provenienza della nostra giovane protagonista- destinate, almeno allo stato attuale della mia ricerca, a rimanere purtroppo solo ipotesi- possiamo invece, e stavolta realisticamente, sulla base di molteplici testi, documenti e testimonianze scritte da me lette e tra loro confrontate, datare, al di là della certa epoca di stampa della splendida incisione su pergamena firmata dal grande Incisore Fiammingo Theodor van Merlen (1600-1659), lo spazio temporale, probabilmente coevo all'illustre Incisore Veneta, per oltre un quarantennio collaboratrice della rinomata Stamperia Remondini di Bassano, Suor Isabella Piccini (1644-1734) in cui la giovane Laura Teresa condusse la sua mite ed obbediente esistenza: sicuramente a cavallo tra il secolo XVII ed il successivo.

Castità, Obbedienza e Povertà: questi erano i voti offerti a Dio da una novizia.

Le cronache del secolo XVII, così come quelle del successivo, concordemente tramandano di un'epoca di gravi crisi e altrettanti cambiamenti- spesso, all'interno delle Famiglie Aristocratiche e dell'alta Borghesia vissuti come minacce o incombenti, gravi pericoli e alla ricchezza patrimoniale del Casato e alla stessa incolumità fisica dei suoi componenti - in cui, tutte le figlie femmine di dette Famiglie, ond'essere preservate da malaugurate e temute sciagure a venire, per essere educate alla leggiadria di costumi e al timor di Dio, venivano affidate sin dalla tenera età di 12 anni alle cure delle Monache presso Conventi e Monasteri.

Inizialmente a scopo propedeutico-didattico, per garantire loro una buona cultura dei Classici, Greci e Latini, insieme ad una ferrea ed incrollabile formazione Cristiana-Cattolica, lontane dalle insidie di fuorvianti religioni, sette, eresie, e stregonerie (come noto, perseguite all'epoca dalla Chiesa con particolare veemenza e severità), insieme alle suddette materie venivano loro insegnate le nobili Arti del ricamo, della pittura, dell'intaglio au canif, dell'utilizzo delle varie erbe mediche con le quali preparare balsami, unguenti e cataplasmi curativi, così come preparare delle ottime confetture di frutta fresca colta nell'hortus del Monastero o nei boschi adiacenti.

Non di rado accadeva che, senza contare chi tra loro, una volta raggiunta l'età della ragione, abbandonava il Convento perchè, priva di autentica vocazione religiosa e maggiormente predisposta ai piaceri della vita, riteneva più confacente alla propria natura votarsi a formare una famiglia, le più miti ed obbedienti per loro intrinseca natura, rimanessero in Convento e prendessero i voti della clausura, spesso inesorabilmente chiudendo qualunque legame con il passato, per dedicarsi ad una vita di contemplazione, di sacrifici e di preghiera.

Nel rispetto delle rigide gerarchie che regolamentarono sin dall'Alto Medioevo la vita nei Monasteri, nei Conventi claustrali e ancor più nelle Abbazie, la Madre Superiora o la Badessa, generalmente nominate a rivestire il ruolo all'interno della Comunità per l'intera durata della loro vita, presiedevano e controllavano l'intera ed articolata organizzazione, rappresentando di fatto il polo principale d'autorità e di riferimento spirituale e materiale.

Intorno alla Badessa, e comunque sempre a lei subalterne, scandivano le lunghe giornate claustrali altre figure, ognuna di esse addetta alla gestione e al controllo di una specifica attività all'interno delle mura conventuali: la Suora Bibliotecaria, responsabile dello Scriptorium, la sala ove le novizie potevano consultare antichi, preziosissimi Codici miniati, manoscritti religiosi su pergamena, Testi Sacri, apprendere l'antica tradizione conventuale delle tecniche calligrafiche-o della bella scrittura- la Suora Economa, addetta alla gestione delle riscossioni dei crediti, dei lasciti e delle donazioni al Convento e dei conti più in generale, la Suora Cuciniera, preposta alle cucine del Refettorio conventuale, la Suora Giardiniera, intenta alla cura costante degli orti e dei giardini claustrali, e così via dicendo.

La Madre Superiora o la Badessa rimanevano sempre l'unico riferimento spirituale per l'intera Comunità, assolvendo anche al ruolo di Confessore.

La vita nel Convento era scandita da rigidi orari: si iniziava la giornata con la sveglia alle h.5 cui seguiva, dopo una breve ed essenziale toeletta, la recita tutte insieme delle Preghiere del mattino presso la Cappella.

Solo successivamente ci si recava nel refettorio per una semplice e frugale colazione, ove insieme a del latte caldo si mangiava una fetta di pane con confettura preparata dalle stesse Suorine adoperando i frutti coltivati negli orti e nel giardino e quelli selvatici raccolti nei boschi immediatamente adiacenti il Monastero.

Successivamente il tempo veniva consacrato alla Lettura-prevalentemente di testi Sacri presenti nella Biblioteca, ai lavori manuali- ricamo, disegno e pittura, intaglio au canif di preziose Immagini devote, cucito, e non di rado allo studio di qualche strumento musicale-per lo più l'arpa o l'organo.

Il rigore e la disciplina imperavano e spesso accadeva che, novizie o comunque giovani Suorine ritenute dalla Superiora eccessivamente estrose o con personalità fuori dal comune, subissero punizioni per mancata osservanza delle regole, venendo isolate in celle anguste e buie per giorni a pane ed acqua.

Solitamente, nei secc. XVII e XVIII, le h.11 segnavano l'ora del pranzo, sempre frugale ed essenziale, confortato come anzidetto da prodotti dell'orto- verdure cotte o crude- uova, magari una gallina bollita nei giorni di Festa e alla Domenica.

In ogni Convento era altresì presente un'Infermeria, dove venivano ricoverate le Suore anziane e gravemente malate, affidate ai decotti e agli unguenti erboristici della Suora esperta nelle erbe curative e medicinali.

A quei tempi spesso la guarigione da patologie per lo più sconosciute era affidata alla somministrazione e all'impiego di semplici sostanze assolutamente naturali quali il miele, di cui tutti i Conventi vantavano con orgoglio produzione propria.

Verso le h.15 ci si riuniva tutte nella Cappella per la lettura dei Vespri ed appena due ore dopo veniva servita la cena- generalmente consistente in una scodella di zuppa calda di verdure - presso il Refettorio.

Alle h.18 circa tutte le Monache erano impegnate alla lettura delle Lodi nella Cappella, cui seguiva il silenzio più rigoroso e dunque il riposo notturno.

L'occasione della visita presso l'Abbazia di Arcivescovi, Cardinali o alti rappresentanti della più elevata Nobiltà- questi ultimi, in particolare, generosi dispensatori di cospicue donazioni in denaro o in beni immobili- strutture ad uso abitativo che le Suorine provvedevano prontamente ad affittare per migliorare gli introiti destinati alla sussistenza dell'intera comunità- e terreni destinati alle colture di frutta e verdure, spesso dalle stesse generosamente offerte alle famiglie più povere e bisognose che chiedevano loro la carità, dava l'avvio ad una serie di preparitivi particolarmente curati dalle Suore: la Suora Cuciniera s'immergeva nelle cucine nella preparazione di gustosi manicaretti e dolci deliziosi, si provavano i Canti nella Cappella, accompagnati dal suono delle arpe e dell'organo, si adornavano le pareti del Convento con variopinte collane di fiori profumati e dai bellissimi colori.

Proprio in queste importanti occasioni le Suorine -in segno di devozione e gratitudine- facevano dono agl'importanti Ospiti convenuti di spettacolari Canivets intagliati con delicata maestria au canif, non infrequentemente siglati da dediche manoscritte al verso con elegante grafia.

Generalmente appartenenti agli Ordini Francescani o delle Clarisse- Suor Isabella Piccini fu Monaca e Vicaria Francescana del Convento di Santa Croce in Venezia- nel rispetto delle regole dei suddetti Ordini, le Suore aprirono in molte e documentate occasioni le porte della clausura per accogliere "francescanamente" Dame della Nobiltà e della ricca Borghesia, o perchè rimaste vedove e bisognose di protezione, o semplicemente perchè in cerca di Pace e di Meditazione lontano dai vizi e dai pericoli del mondo.

Ora che siamo più intimamente addentro la vita condotta nei Monasteri e nelle Abbazie di quei tempi, possiamo con maggior piacere ed interesse far conoscenza con un'altra Suorina, vissuta come la nostra Laura Teresa nel 1600, cui appartiene il bellissimo ritratto dipinto ad olio su tela da Artista anonimo che ammiriamo delicatamente sfumato nel secondo piano dell'immagine che correda questo articolo.

La sua vita fù breve durando appena 33 anni, ma fu intensa in Amore filiale e generoso Cristiano sostegno spirituale all'anziano, illustre genitore: Galileo Galilei.

Entrando in clausura presso il Convento delle Clarisse in Arcetri il 4 di Ottobre dell'anno 1616 con il nome di Suor Maria Celeste, Virginia Galilei, figlia primogenita del Genio pisano, sostenitore della teoria Copernicana sul moto dei corpi celesti opposta alla teoria aristotelica-tolemaica sposata e tenacemente sostenuta dalla Chiesa Cattolica e condannato per eresia e all'abiura delle sue concezioni ritenute dalla Chiesa di allora spavalde e pericolosamente rivoluzionarie, Virginia ci ha lasciato in eredità un prezioso, unico carteggio di ben 124 lettere da lei scritte al suo amatissimo Babbo e dallo stesso gelosamente conservate, oggi custodite presso il Museo della Storia della Scienza in Firenze.

Toccante testimonianza del profondo legame che la unì per la seppur breve esistenza al padre, non mancano in esse, insieme alle sentite preghiere piccoli, solerti preoccupazioni e pensieri di un animo gentile dalla sensibilità profonda e delicata, tipicamente femminile: le confetture di frutta candita raccolta personalmente e da lei preparate per l'anziano e provato genitore, così come il suo impegno nel chiedere l'intercessione di un Cardinale affinchè potesse il padre trovare una casa dove abitare, vicina al Convento in Arcetri (Firenze).

Da una di esse apprendiamo addirittura un piccolo, emozionante squarcio di vita privata, quando Galileo, chiamato da Virginia, si reca al Convento per riparare il vecchio orologio non più funzionante....

Esempio di Fede profonda e sincera fù la breve vita di Suor Maria Celeste, conclusasi prematuramente all'età di 34 anni non compiuti nel 1634, con insanabile dolore di Galileo e profonda sua disperazione per una così grande perdita.

Contrariamente a Suor Maria Celeste, della nostra Suor Laura Teresa resta, a noi posteri, Studiosi e Collezionisti di antiche Immagini della devozione, una figura diafana e misteriosa: non conosciamo il suo volto, le sue fattezze, ma, nella provvidenziale, perfetta conservazione attraverso i secoli della bellissima Incisione Fiamminga sul cui verso annotò lei di suo pugno il breve scritto, possiamo oggi, a distanza di 300 o forse 400 anni, dire che è esistita, che come noi tutti oggi facciamo, anche lei ha sofferto e gioito, ha respirato il profumo dei fiori, ha amato attraverso il Sole e le bellezze del Creato, nel vivo ricordo e nell'esempio sublime di Francesco e di Chiara di Assisi, la meravigliosa grandezza di Dio Creatore.
Paola Galanzi

2 commenti:

  1. Roberto De Santis- A.I.C.I.S.- ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTORI IMMAGINETTE SACRE16 maggio 2011 alle ore 13:34

    Carissima Paola, buongiorno e buona settimana!

    Questa mattina ho deciso di dedicare la mia pausa caffè, alla lettura dell'affascinante racconto che hai proposto sul blog.
    Devo dire che la fantasia si è ben inserita in un racconto storico che racchiude tutte le caratteristiche tipiche della vita conventuale...e così leggendo "ho visto" all'opera queste suore d'altri tempi,
    immaginandole nei conventi che ho avuto il piacere di visitare (l'ultimo dei quali l'eremo delle QUISQUINA in Sicilia, seppur abitato da monaci sino al 1985).
    La rigidità dei compiti, dei ritmi e dei comportamenti, accomunava tutti questi contesti: nel bene o nel male, nella condivisione o meno dei principi fondanti di tali scelte di vita, non si può negare che anche così si è trasmessa la fede nei tempi e nei secoli!
    Anche questa volta l'immaginetta ha preso vita!!!
    A presto,
    Roberto

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  2. Lucio Grandi- Collezionista22 maggio 2011 alle ore 02:14

    Buongiorno Paola,
    fantastica e coinvolgente questa narrazione di vita vissuta da personaggi così lontani nel tempo.
    A presto,
    Saluti, Lucio

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