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UN CORDIALE BENVENUTO NEL SALOTTO VIRTUALE DEI CULTORI DELL'ICONOFILIA, LO STUDIO ED IL COLLEZIONISMO DEI SANTINI E DELLE ANTICHE IMMAGINI DEVOZIONALI





giovedì 7 maggio 2015

L'antica Arte della xilografia raccontata dalla vita e dalle Opere del Maestro Adriano Porazzi

Adriano Porazzi, XILOGRAFO a Milano dal 1929 (prima parte) 



L'austera sede di Anversa della famosa Gilda di San Luca, la Corporazione che riuniva sotto la propria egida i più celebri Artisti Incisori e Pittori Fiamminghi ed Olandesi, l'avrebbe sicuramente accolto con l'ambìto titolo di Master-Maestro-forma sincopata derivante a sua volta dal titolo Latino Magister designante nell'antichità i Capi e i grandi Condottieri e tutti coloro i quali brillarono per qualcosa in più - magis -rispetto agli altri.
Grande ammiratore di Albrecht Dürer, il Maestro Adriano Porazzi, Milanese d.o.c., profondamente innamorato della sua bellissima Città, si dilettò sin da giovanissimo nella riproduzione in tecnica xilografica delle sue Opere più significative sia a tema sacro che profano.

 
Immagine devozionale in xilografia di Albrecht  Dürer riprodotta dal Maestro Incisore Adriano Porazzi

 
 
Bellissime Opere di gran pregio artistico le xilografie a carattere iconografico religioso che recano la sua importante firma. 
Per noi Iconofili, Cultori delle antiche Immagini devozionali è un'occasione di straordinaria importanza e di autentica, impareggiabile emozione potere quasi magicamente rivivere, sia nei due VIDEO che lo ritraggono al lavoro nella sua Bottega di Artista-Incisore in Milano, sia attraverso la sua biografia che, con profondo Amore ed ammirazione e preziosi Ricordi personali di grande valenza affettiva, ci regala in esclusiva il suo amatissimo, unico figlio, Enrico, la vita di molti Artisti-Incisori del Passato: Fiamminghi, Tedeschi, Francesi ed Italiani.

 
Grandi Artisti di nazioni diverse ma tutti con un unico, comune denominatore condiviso con il Maestro Adriano: l'Amore- quello autentico e viscerale - per l'Arte, quale sublime Espressione dell'Anima
 

Paola Galanzi

 
 
Gesù scaccia i mercanti dal Tempio
"Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!"
 
Elaborata xilografia stampata su carta
Artista-Incisore: Adriano Porazzi (1914-2007)
Milano- sec. XX
Collezione Porazzi
per gentile concessione al Blog


Parlando della Xilografia, ai giorni nostri, è molto facile intendere per tale tecnica, altre manifestazioni incisorie  solamente perché prevedono un intervento più o meno “artistico“ su di un supporto, xilo, ligneo, ma che nulla hanno a che vedere con la sua originalità.
Questo è quanto di più errato o quantomeno impreciso si possa intendere od assumere come interpretazione consolidata per poter capire quale invece sia la vera ed unica tecnica xilografica. Per fugare ogni dilemma sarebbe sufficiente risalire al 1500 e riferirsi a colui che identifica di fatto la Xilografia: Albrecht Durer. Da lui in avanti, per secoli, la Xilografia rimarrà immutata non potendo del resto nemmeno mutare rimanendo un eccezionale canale temporale aperto con il suo secolo.
Per questo lungo trascorso di secolo, tale tecnica sarà l’unica possibile in grado di riprodurre immagini di ogni genere sulla carta, ed il suo affinarsi consisterà unicamente non nella introduzione di  “supporti moderni“ per altro minimi, ma nella costante crescita della maestrìa dei suoi prosecutori.
Molti sono stati gli Xilografi in Italia, in Francia ed ovviamente anche in Austria e Germania, culle naturali queste due ultime di questa tecnica che spesso sconfinerà nell’Arte, soprattutto trovando sfumature particolari e picchi artistici in Francia.
L’Italia, s’è detto, in questo campo non è stata da meno: da Nord a Sud si è vissuta una interscambiabilità artistica in ogni sua forma, un reciproco influenzare con i propri stili e modi di operare che, nell’ambito in oggetto, ha scaturito una sua massima evoluzione tecnica tale da aver potuto essere tanto longeva, arrivando, in taluni casi, sino a qualche decennio prima dell’attuale secolo.
Inevitabilmente, con l’avanzare di nuove metodologie, la Xilografia ha conosciuto un rallentamento ma ha resistito comunque a sistemi come la fotolito, la zincografia, per citarne alcuni, i quali avevano la prerogativa prima di sembrare più veloci, ma avevano per contro invariabilmente necessità d’essere poi ritoccati a mano e, ironicamente, da chi comunque sapeva di Xilografia e bulino!


Il Tempo comunque, l’evoluzione, o spesso, l’involuzione, hanno poi prevalso, relegando questa antica ed unica Arte poiché meno non è, ad una marginalità purtroppo quasi sconosciuta.
A Milano, soprattutto o comunque nel Nord Italia, la xilografia ha conosciuto la sua massima estensione d’impiego e sempre qui ha avuto la massima temporalità.
Adriano Porazzi, classe 1914, è stato praticamente l’ultimo rappresentante dell’autentica incisione a bulino su legno. 

Nasce il 24 Settembre in un quartiere che senza dubbi è il più “ milanese “ della città:  L’Isola, o altrimenti detta Isola Garibaldi, che al pari di Porta Ticinese, in posizione opposta, identifica Milano. 
Ha in sé, quasi per trasmissione di geni, l’attrazione per l’Arte e la naturale vocazione per un elemento naturale: il legno. 
Suo Padre è ebanista, suo Nonno era realizzatore di strumenti musicali, e suo Fratello Amedeo era incline alla scultura su legno.
 
 

Adriano Porazzi, XILOGRAFO a Milano dal 1929. (seconda parte)   


È una città, Milano, quella del suo tempo, difficile da immaginare per molti oggi che quasi stentano a credere potesse essere quella documentata da fotografie dell’epoca. Altro modo di vivere, certo anche più difficoltoso, ma estremamente ricco di cultura ed interessi. È ancora un’epoca appassionata e cultrice della Bella Arte. 


 
 
San Marco Evangelista
Splendida xilografia stampata su carta
Opera del Maestro Adriano Porazzi
(per gentile concessione al Blog)


 
 

In quel clima, come racconterà più volte, non gli sarà difficile capire cosa ricercare.  Le brevi permanenze in diversi posti di lavoro non a lui congeniali, non fanno che confermargli tali propositi in divenire. Frequenta l’Accademia di Brera, ma per le ridotte finanze familiari deve con amarezza abbandonare molto presto.  Continua a cambiare lavori e approda alla celeberrima  Ditta Caramba di Luigi  Sapelli, titolata ufficialmente al disegno ed alla realizzazione dei costumi per il Teatro Alla Scala. Proprio lì ha modo, pur essendo altra la sua mansione, di far trapelare le sue velleità facendosi sorprendere nel disegnare dei figurini in costume. L’episodio fu visto benevolmente e con interesse ma Il giovane Adriano, comunque, non vide in quell’attività la sua strada. E ricambia lavoro. Prova in una piccola fabbrica artigiana d’argenteria, spinto una sua aspirazione di sempre, quella di fare il cesellatore, ma si ritrova a lucidare i fondi dei vassoi d’argento con la pietra pomice risciacquata nell’acqua del Naviglio al tempo scoperto. L’esperienza lo svilisce. Finisce in una fabbrica di tappi di sughero e qui, in virtù di una nobiltà d’animo oggi ignota, venuto a sapere dell’abbandono di Brera  per difficoltà economiche, viene nuovamente iscritto e finanziato dal suo datore di lavoro. È proprio in questo periodo che il suo destino gli indicherà chiaramente la strada.  Proprio nel giorno del suo quindicesimo compleanno, come sottolineava sempre, ebbe modo di vedere un cartello sull’ingresso di una bottega:   “Cercasi apprendista Xilografo“. 
Entrò vi rimase quasi un’intera giornata letteralmente affascinato dall’osservazione di quel lavoro. Finalmente comprese essere quella la sua attività futura.
Fece come ovvio al tempo, il garzone, eseguendo tutti i lavori  cosiddetti di contorno, quelli cioè che portavano il supporto ligneo al tavolo dell’Incisore perché eseguisse il lavoro finale. Ma tutto questo non poteva certo pesargli, anzi, quando poi venne il suo grande momento di tentare la messa in proprio, ormai aveva imparato ogni segreto di quella professione. Tutto quanto a seguire , sarebbe stato un costante miglioramento a quanto appreso.
Gli eventi del tempo non sono semplici, ci sarà un conflitto mondiale, sarà reclutato come tutti i giovani. Perderà molti dei suoi anni migliori, ma anche durante il conflitto, o meglio verso quasi la sua conclusione, prigioniero degli Americani, ha modo di trovare strumenti quasi di fortuna e continuare  la sua passione/lavoro. Se ne accorgono gli ufficiali Americani e subito non perdono tempo a fargli realizzare dei loro lavori. Gli veniva richiesto di incidere i fondi degli accendini o l’intero mantello, e c’era chi gli portava del  pezzi di plexiglass provenienti dai cupolini danneggiati degli aerei perché vi realizzasse dei temi a richiesta.
Termina il conflitto e al ritorno l’amara sorpresa di ritrovare il suo primo laboratorio in un cumulo di macerie. Si anima per trovare un nuovo spazio, ci riesce, poi lo cambia nuovamente per stabilirsi in quello che sarà definitivo.
Il lavoro finalmente riparte e non manca, è in società con un altro xilografo e di stanza v’è n’è un terzo il quale però ha una sua distinta clientela. Con loro vi sono addirittura sette aiutanti. La mole di lavoro ed il suo impegno sono tali che spesso si deve ricorrere all’aiuto di altri xilografi milanesi interpellati caso per caso secondo la loro manualità e la loro tecnica al fine di non lasciar intravvedere palesi differenze nei lavori finali. È, questo aspetto, probabilmente uno dei più  “ romantici “ legati a questo mestiere, era normale uso soccorrersi anche in caso di malattia, ed allora il soccorso era di esemplare generosità.
Arrivano gli anni cinquanta e con essi arriva anche chi scrive che è il figlio di Adriano, che con lui passerà molto del suo tempo arrivando a conoscere gli aspetti anche minimi della sua attività assorbendo quasi per osmosi i piccoli e grandi segreti della Xilografia.  Benchè privo di inclinazione artistica, rimarrà comunque fortemente interessato dallo svolgimento di tutte le fasi di lavoro, dalla accuratissima selezione del legno di bosso, tagliato a fetta di salame per intenderci, poiché l’incisione è fatta  “ di testa “ non di filo o lungo la venatura longitudinale come usava per meglio intendersi Hokusai per le sue famose onde che incantavano Debussy
 
Qui si parla di xilografia autentica, l’unica, al modo di Durer.   
   
La tecnica è di testa per due motivi fondamentali – è sempre mio padre che parla – primo perché di testa le fibre non hanno modo di deviare il bulino che così può essere portato dove si vuole, secondo perché tutte in  verticale, le fibre agiscono come una miriade di colonne in grado di reggere le forti pressioni tipografiche.

Adriano nel suo laboratorio, continua per decenni la sua attività che principalmente asserve alla realizzazione di cataloghi. L’iter era lineare, il committente arrivava con fotografie dei suoi prodotti, oppure si disegnavano in sito, ma la cosa quasi più divertente e curiosa era quando invece arrivavano gli oggetti al vero. Allora si iniziava con la fotografia eseguita con un apparecchio rilevato dal suo Maestro, in grado di riprodurre l’immagine con la tecnica del collodio su lastra di vetro, quindi il trasporto sulla tavola di bosso e quindi la fase dell’incisione pura. Nessun automatismo, nessun ausilio moderno, l’unica macchina, completamente manuale, un pesantissimo marchingegno  fabbricato significativamente in Germania a Darmstadt per la realizzazione dei cerchi e delle ombreggiature molto lunghe, adoperato solo per riproduzioni  tecniche.

Arrivano poi anche gli anni novanta, molti dei suoi clienti evidentemente sono ricorsi a nuovi sistemi, magari meno economici ma più rapidi, anche la collaborazione con i tanti timbrifici milanesi e non è quasi completamente esaurita. Ma è proprio in questi anni che inaspettatamente viene a prospettarsi un occasione come gìà nei primi anni settanta che però venne lasciata cadere. La sua tecnica, in quegli anni venne scoperta da una curatrice d’arte che gli propose una collaborazione con ammirevole opera di convinzione, ma la sua attività diciamo industriale era al massimo e consentiva delle entrate certe. Non se ne concluse nulla.  Ma nei primi dei novanta, le cose per Adriano erano ben differenti. Non lasciò andare nulla ed iniziò realmente una nuova epoca xilografica, e questa volta solamente e squisitamente artistica. Nuovi incontri produssero una mole di lavori che non finirono mai di stupire ed entusiasmarlo, finalmente diceva, la mia come amabilmente la definiva,  poiché la sentiva realmente sua,   la mia xilografia ora ha il suo collocamento ideale.
Ex libris, capilettera, immagini per copertine di libri, commissioni di soggetti sacri a non finire, persino un’incisione finita sulla copertina di un trattato di urologia.  Arrivano collaborazioni da Germania Svizzera Stati Uniti e Giappone, persino due richieste dagli Emirati Arabi.   
“ Perché tutto questo non mi è capitato quarant’anni fa? “ si domandava sempre.   Ma si sa, il fato non ha una logica nell’elargire i propri doni, sempre che non voglia distribuire altro.  Qualcos’altro in effetti arrivò ma assolutamente non portando nulla di negativo, anzi.  Tre mesi prima di Dicembre, si era nel 2001, gli venne ufficializzata la segnalazione per la candidatura all’Ambrogino d'oro, il massimo riconoscimento che il Comune di Milano assegna ai cittadini benemeriti.  

Così il 7 Dicembre 2001, Adriano, perennemente sostenuto dalla non sempre silenziosa ed impalpabile ombra del figlio, ebbe il suo riconoscimento in una cornice degna del migliore Milanese di un tempo, più nobile di oggi.
 
Enrico Porazzi






4 commenti:

  1. Michele Fortunato Damato-Collezionista e Socio A.I.C.I.S.-Barletta9 maggio 2015 alle ore 12:50

    Cara Paola,
    con il farci conoscere la vita ed il lavoro del Maestro Incisore Adriano Porazzi hai avuto il merito di darci una testimonianza tangibile di Storia, Cultura artistica e Stile di vita oggi scomparsi.

    L'articolo è interessante per i Cultori dell' Arte perchè illustra visivamente la tecnica incisoria della Xilografia, la cui pratica richiede tanta manualità ed infinita pazienza, ed è interessante anche per chi non ha interessi artistici perchè comunica il fascino e la Poesia degli antichi mestieri artigianali.

    Interessante l'intervento del figlio Enrico che narra del talento artistico del padre e nello stesso tempo ci narra di una società composta da gente generosa ed umana.

    Quel " era normale soccorrersi " è indicativo di una prassi di collaborazione alieno da invidie miserevoli e basse gelosie, che esistevano anche in quell'epoca ma che sono diventate esasperate in questa pseudo-società dell'apparire.

    Michele Fortunato Damato - Barletta - Socio AICIS

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  2. Agostino Sangiorgio9 maggio 2015 alle ore 21:07

    Come al solito Paola Galanzi ci porta in viaggio nel mondo, forse poco conosciuto, della Xilografia; ci conduce per mano e scopriamo tecniche, storie e uomini quest'ultimi che hanno fatto di una tecnica un Arte.
    I video ci fanno conoscere un Artista, l'articolo come al solito è ben articolato e non posso fare altro, come al solito, che fare i complimenti a Paola.

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  3. Magnifico contributo il tuo, Paola. Oramai le tecniche antiche, che alcuni definiscono obsolete, rischiano di cadere nell'oblio. Grazie a Maestri come Adriano Porazzi, abbiamo ancora delle testimonianze tangibili della maestria, la pazienza, l'amore degli uomini verso l'arte della xilografia e dell'incisione.

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  4. Davvero rare, sono le “ sorprese “ che io possa vantare di contare, quelle piacevoli intendo.

    L’eccezionale articolo di Paola Galanzi sulla xilografia e la figura di Adriano Porazzi, mio Padre, entra per diritto in tale ristrettissimo novero.

    Una descrizione scorrevole su un' antica tecnica di rappresentazione d’immagine e di un suo autore, stilata col pennello mosso da un connubio inarrivabile di sapienza della intera materia perfettamente fusa alla tangibile passione che Paola Galanzi possiede per suo stesso essere.

    Incanta il suo divenire espositivo intorno alla secolare xilografia, tanto che ci si sente sospesi in un’aura di atemporalità, con un antico passato portato al tempo nostro, viaggiando al contempo indietro sino ai primordi di Durer.

    La sua cultura e la sua passione travalicano alte la fin troppo frequente, sterile esposizione tecnica dalla grigia coloritura, muovendo nell’ascoltatore e nel lettore, un sincero interesse, per tutto quanto da lei descritto, sovente pigramente sopito.

    Grazie Paola.

    Enrico

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