I Collezionisti si saranno sicuramente e non senza stupore più volte domandati come siano potuti Santini e Immagini di devozione su base cartacea o su pergamena da uno spazio temporale di due, tre o addirittura cinque secoli addietro giungere al sec.XXI ancora in condizioni di conservazione quasi perfette, prive di segni visibili di visite di termiti o tarli indesiderati, con colori ancora “freschi” e- nel caso specifico delle Immagini realizzate su base in pergamena- senza deformazioni o alterazioni della stessa materia o- ipotesi ancor peggiore- senza tracce di muffe, sempre pericolosissime e altamente deleterie per la corretta preservazione nel tempo dei colori e del suddetto prezioso e nobile supporto alla base della loro realizzazione.
La risposta a tale quesito è facilmente deducibile dagli stessi siti di rinvenimento originario della quasi totalità dei Santini e Immagini devozionali manufatte di piccole e medie dimensioni, creati dalla mano dell’uomo -non a caso- della grandezza ideale per poterne garantire la custodia all’interno di Messali e piccoli Libri di Preghiere.
Diversi e molteplici sono i fattori individuabili come responsabili del deterioramento nel tempo di materie come la carta e la pergamena.
Procediamo però con ordine approfondendo subito la conoscenza di tali importanti materie prime: la carta e la pergamena.
La carta
La carta alla base dei Santini utilizzata originariamente sin dal sec.XIII abbiamo visto in un mio precedente articolo (vedi anche alla sezione VIDEO qui sul Blog) come fosse costituita in prevalenza dalle fibre di lino e canapa costituenti gli stracci- materia prima- trattate attraverso la nota procedura di selezione manuale, disinfezione e decolorazione con la calce viva in grandi vasche contenenti acqua, e successiva macerazione meccanica e riassemblamento attraverso la fase manuale del “pescaggio” cosiddetto, operato da figure specifiche a ciò preposte nelle antiche Cartiere, con l’ausilio del setaccio, realizzato in legno e fitte trame in metallo che- nel caso specifico a noi noto e sicuramente a livello Europeo più famoso della Cartiera di Fabriano, inaugurata nel lontano 1276- introdussero per la prima volta il segno distintivo e caratteristico della filigrana, un autentico, antesignano “COPYRIGHT” dell’epoca, che nella fase finale di spianatura ed essiccatura del foglio così realizzato, indelebilmente con la pressione del torchio imprimeva su esso la firma della Cartiera, inconfutabilmente attestandone l’originaria provenienza.
La collatura realizzata con gelatina animale atta a garantire l’integrità nel tempo e l’impermeabilizzazione dei fogli fu un altro geniale elemento innovativo scoperto dai Cartai Fabrianesi: già per sua natura intrinseca infatti la carta e’ una materia igroscopica, insitamente invero soggetta all’assorbimento di acqua e/o vapore acqueo. E fu proprio tale rivoluzionaria tecnica ad eliminare definitivamente il saliente, annoso problema della “dispersione” dei colori così come delle antiestetiche “sbavature”dell’inchiostro, entrambi sino a quel momento riscontrati nelle delicate fasi di decorazione delle Immagini e nella realizzazione delle didascalie dedicatorie ai Santi in esse celebrati.
Va anche detto che la carta, proprio per sua intrinseca costituzione, è un materiale altamente deperibile; non a caso infatti sin dal sec.XIII ad essa si preferì per la realizzazione dei documenti più importanti e con valenza di “ufficialità” sia da parte di Monaci amanuensi che di laici esecutori la più nobile e, soprattutto, ben più duratura pergamena.
A suggello di quanto appena affermato va infatti citata la lunga schiera di Atti pubblici e privati – testi Sacri, atti giuridici e notarili, (testamenti, cessioni, compravendite, matrimoni, battesimi etc.)- che documentatamente sin dall’ epoca citata ed ancor prima, ovvero sin dall’Alto Medioevo, vennero preferibilmente ed oculatamente realizzati e trascritti dall’uomo sulla pergamena.
Ma qual’è l’origine della pergamena ?
E’grazie all’autorevole testimonianza del grande Storico e Naturalista latino Plinio il Vecchio (Como, 23 d.C. ca.- Stabia, 79 d.C.) nella sua Opera “De Naturalis Historiae” -Capolavoro enciclopedico in 37 libri di approfonditi trattati di Scienze naturali, Scienze Antropologiche, Astronomia e Fisica, che veniamo a conoscenza di come nel sec.II a.C. conflitti e rivalità tra il sovrano della città di Pergamo in Asia Minore ed il Faraone Tolomeo V di Egitto, a seguito del blocco imposto da parte di quest’ultimo all’esportazione del papiro- fino a quel momento utilizzato per la realizzazione di documenti e la vergatura di importanti atti- portarono, come reazione appunto della città di Pergamo, all’ invenzione della Pergamena.
Sin da allora e fino al XIX secolo, sempre per i documenti più importanti (tra cui doverosamente qui ricordo gli stessi antichi Editti pontifici e le Bolle Papali) vennero utilizzate pelli animali: nello specifico, anche distintamente alle differenti località geografiche, pelli ovine, caprine e bovine.
Inizialmente ristretta e limitata ai Conventi e Monasteri, laboriosa ed estremamente accurata ed interessante fu la procedura dai Monaci messa in atto per la realizzazione negli Scriptoria conventuali dei “fogli in pergamena”, alla base dei preziosissimi Codici Miniati, autentici Capolavori di Arte miniaturistica e di pazienza degli Amanuensi.
Le fasi di lavorazione della pergamena
La prima fase fu quella dell’ immersione in acqua e calce viva, che per naturale reazione chimica serviva a garantire la fondamentale detersione e disinfezione delle pelli.
A questa seguiva il passaggio in vasche contenenti semplice acqua, che, oltre ad assicurare il completamento della detersione intrapreso nella fase precedente, con tempi alquanto lunghi di permanenza ne garantiva l’ammorbidimento.
Successivamente le pelli, dai suddetti procedimenti “preparate, venivano dai Monaci -grazie ad un elaborato ed efficacissimo sistema che utilizzava sassolini e cordicelle sapientemente usate “a mò di ancoraggio” su telai a ciò preposti -stese e poste in tensione ad asciugare in grandi corti all’aria aperta.
La procedura successiva, detta “scarnicciatura” veniva posta in essere manualmente dai Monaci stessi, che con l’ausilio di pietre pomici e gesso di Volterra sapientemente ed uniformemente applicato alla pelle adagiata su un piano di lavoro orizzontale, provvedevano così alla fase fondamentale della chiusura dei pori e della definitiva eliminazione da essa di qualsivoglia asperità e/o impurità, atto preparatorio imprescindibile per l’accoglimento adeguato della fase finale e conclusiva dedicata alla realizzazione delle splendide miniature- create con colori rigorosamente naturali e “illuminate“ in prezioso oro zecchino- e del testo scritto.
Abbiamo ben visto nel mio articolo dedicato all’incisione a bulino su lastra di rame, come fu tale nobile materia prediletta dai più illustri Artisti-Incisori Europei- ed in particolar modo Fiamminghi- per la realizzazione delle loro più belle Immagini devozionali nel corso dei secc. XVII e XVIII, a giusto titolo definibili, pur nelle loro dimensioni difficilmente superanti i 6-9 cm. x 10-13 cm. (e, solo in ben più rari casi, come ad esempio i Santi fiamminghi incisi a bulino su spesse pergamene con elaborate e preziose cornici floreali di 14 x 18-20 cm. di dimensione) autentiche “Opere d’Arte in miniatura”.
Solo ora, che abbiamo per così dire familiarizzato con le materie-base dei Santini, possiamo procedere alla conoscenza ed approfondimento delle procedure “conservative”, ideali e consigliatamente da seguire per la corretta preservazione nel tempo degli stessi….
Polvere, luce, temperatura e umidità: se non controllate e nei “parametri ideali”, i primi veri NEMICI dei Santini
Non nasce certo dalla casualità la rigorosa protezione applicata e comune ai Musei di tutto il Mondo di Testi e documenti antichi cartacei e pergamenacei all’interno di spesse teche realizzate con speciali vetri anti-UV; la luce solare, e per meglio dire l’esposizione diretta ad essa, rappresenta infatti uno dei più importanti e temibili fattori-rischio di deterioramento ed alterazione e della materia – sia essa carta o pergamena, appunto- e degli stessi colori su essa presenti.
Nel caso anzidetto e specifico, già la custodia all’interno delle teche suddette, oltre a rappresentare una protezione palese a scopo deterrente per scongiurare eventuali pericoli di furto o danneggiamento volontario od involontario, oltre alla suddetta funzione di salvaguardia dai danni foto-espositivi, naturalmente rappresenta uno “scudo” protettivo fondamentale – in concomitanza certamente di condizioni barometriche escludenti percentuali non idonee di umidità- all’attacco di batteri e microrganismi vari.
Tralascio i nomi scientifici di tali tipologie di microrganismi, volutamente allertando però il Collezionista, informandolo che : cellulosa (alla base della carta ricavata dalle fibre degli alberi a a partire sin dalla prima metà del sec. XIX), cuoio, colle di origine vegetale ed animale, colori di origine naturale, tela, seta e pergamena, rappresentano il “banchetto di nozze” per tali temibili nemici dei Santini più antichi.
Non sono infatti “un caso” neanche i sofisticati impianti automatici di regolazione e monitoraggio costante della temperatura all’interno di Musei, Gallerie d’Arte ed Archivi destinati alla conservazione di documenti realizzati su base cartacea, lignea e in pergamena.
Oltre ai famigerati piccoli insetti e micro-organismi summentovati, un pericolo reale e minaccioso è altresì rappresentato da batteri che- sin dall’origine e per l’ intero arco temporale della loro esistenza- si nutrono e si riproducono favoriti dall’umidità dell’ambiente, creando e contestualmente sostentandosi di muffe, responsabili purtroppo di gravi e talvolta irreparabil danni ai materiali da essi infestati.
Fattore concomitante, e certo non secondario ne tantomeno trascurabile per la formazione di tale habitat ideale per batteri e funghi, è parimenti rappresentato da ambienti caratterizzati da temperature non adeguate, nel caso specifico “elevate”, che intervengono dannosamente oltre che sulla struttura molecolare stessa della materia (carta, ma ancor più pergamena) modificandola profondamente con risultati il più delle volte fatali ed irreversibili – esempio calzante e ad hoc è rappresentato dall’effetto “GONDOLATURA” detto anche in gergo filiconico “A GONDOLA” che subiscono i Santi fiamminghi su pergamena- anche sulla struttura e consistenza purtroppo degli stessi colori.
Ultimo e non ultimo, citiamo anche la polvere: una non adeguata e metodica, costante pulizia nell’ambiente- scatola in cartone (che personalmente sconsiglio vivamente) o raccoglitore che sia, all’interno di un mobile o libreria- ospitante l’amata Collezione di Santini, innescherà inevitabilmente i presupposti perché una o addirittura- nel caso più malaugurato- tutte le suddette condizioni pericolosamente si verifichino.
Come conservare al meglio i Santini
Concludendo, infine, il lungo excursus dedicato alla conoscenza di idonee modalità di conservazione e dunque alla prevenzione di indesiderati “danneggiamenti” alla Collezione, mi sento responsabilmente di consigliare ed orientare i Collezionisti alla messa in atto e al rispetto di tali punti fondamentali:
• A)
Proteggere DIRETTAMENTE ogni Santino SINGOLARMENTE riponendolo all’interno di un foglio di carta ripiegato “a libretto”: un foglio di quaderno –benissimo anche di carta velina della stessa grandezza di quest’ultimo- garantirà, per le sue dimensioni, la misura ideale adatta a quasi tutti i Santini; solo SUCCESSIVAMENTE a tale primaria e FONDAMENTALE azione cautelativa il Santino potrà essere ospitato- a scelta del Collezionista- all’ interno delle tasche in plastica dei classici ALBUM PORTAFOTO (sono facilmente reperibili ovunque nelle Cartolerie modelli a due o quattro TASCHE per foglio) o di ALBUM di carta di grandi dimensioni (quelli utilizzati dagli studenti per le ricerche, per intenderci), cui, nel caso specifico, dovranno personalmente dal Collezionista essere posti i quattro “bordini adesivi” per foto, che ospiteranno al loro interno, “incorniciandolo”, il Santino.
Cito anche questa opzione- molto utilizzata dai Collezionisti nei secc. XIX e XX- pur con buon senso limitandola unicamente alla conservazione di Santini in cromolitografia e/o comunque seriali e “moderni”: ne sconsiglio infatti vivamente la messa in pratica per Canivets, Incisioni fiamminghe, Manufatti, Semi-manufatti e Meccanici (“merlettati”o “di pizzo” altrimenti detti) del sec. XIX, che potrebbero infatti essere danneggiati sin dal tentativo di “inserimento” all’interno degli stessi “bordini”….
• B)
Verificare e controllare di sovente le condizioni di assenza di POLVERE all’ interno dell’album e dello stesso mobile e/o libreria ove questo viene riposto.
• C)
Anche se non si dispone di sofisticati impianti di regolazione della TEMPERATURA, basterà con il sussidio di un semplice ma attendibile e, soprattutto, ben funzionante TERMOMETRO posto all’interno del mobile, costantemente MONITORARE la TEMPERATURA e VIGILARE che si mantenga costante in loco a 15-18°C., indipendentemente dalla stagione in corso e dalla temperatura esterna.
• D)
Per monitorare il grado di umidità – che MAI E IN NESSUN CASO dovrà superare il 45/60% U.R. (di umidità relativa) presente in sede, sarà necessario ed indispensabile l’ausilio di un IGROMETRO.
In commercio, e con modica spesa, è reperibile anche on line con la comodità di un clic il BAROMETRO-TERMO-IGROMETRO PORTATILE che potrà da solo, proprio per la triplice funzione, monitorare la temperatura e la stessa umidità.
• E)
Aerando bene l’intero ambiente e SEGUENDO ATTENTAMENTE le indicazioni e le MODALITA’ d’ USO del foglietto allegato, a scopo di PREVENZIONE, periodicamente si potranno utilizzare nella stanza che ospita le Collezioni belle e preziose dei Collezionisti- beati loro !- più fortunati, degli SPRAY ANTIMUFFA, per i quali tuttavia, date alcune importanti CONTROINDICAZIONI, consiglio il Collezionista eventualmente fruitore ad assumere preventivamente tutte le INFORMAZIONI a riguardo: lo stesso Ferramenta o Colorificio sotto casa potrà consigliarci in tal senso guidandoci con competenza ad un acquisto utile e soprattutto sicuro.
• F)
Ricordo, anche se superfluo, ogni qualvolta si desideri “ammirare” i propri Santini, di aver cura di NON ESPORLI alla luce solare diretta (o anche luce elettrica particolarmente aggressiva) che potrebbe, come abbiamo visto, danneggiarne i colori e la stessa struttura.
Sperando di esserVi stata utile e soprattutto di non averVi annoiato, concludo augurando di cuore a tutti: BUONA COLLEZIONE !
Paola Galanzi
Ciao Paola,
RispondiEliminacontinuo sempre a seguire il tuo Blog: è un "vulcano" (se mi passi la metafora) di iniziative e di informazioni, utilissime e... preziose!
Un saluto cordialissimo,
Carluccio
Ottimo l'articolo e ben organizzato, completo e professionale.
RispondiEliminaInteressanti gli argomenti sulla carta e la pergamena. Rinnovati complimenti a Paola per il grande lavoro svolto nel Blog.
Vorrei anch'io qui portare il mio modesto contributo con alcune informazioni che possono parimenti aiutare tutti i Collezionisti nella conservazione dei propri Santini.
Per eliminare e tenere lontano insetti e microrganismi predatori della carta arieggiate sempre l'ambiente ed eliminate la polvere-quella prodotta dalla carta stessa e dagli scaffali è infatti il loro cibo preferito- mantenendolo luminoso e fresco; una volta a settimana aprite e sfogliate arieggiando gli album.
Un prodotto efficace per tali insetti papirofagi è BioKill che è anche ecologico in quanto privo di gas.
NON UTILIZZATELO direttamente sugli album ma nell'ambiente circostante: battiscopa, fessure, sotto e dietro gli armadi: questa è la prima prevenzione e così facendo eviterete il loro proliferarsi e, soprattutto, non vi ritroverete i Santini bucherellati...
Il rimedio della nonna è infine la patata grattugiata: riposta alla sera in prossimità delle zone dove tali insetti si annidano, al mattino la butterete via... con ciò che di essi è rimasto.
Un amico antiquario di libri suggerisce di usare 20 gr.di ACIDO BORICO vaporizzato nell'ambiente, oltre alle foglie di alloro e tabacco. In verità io personalmente non ho mai utilizzato tale metodo.
Concordo come indicato da Paola di proteggere singolarmente i Santini con la carta, io utilizzo la carta pelure conosciuta anche come carta india cosiddetta: è molto sottile, con un peso che va dai 18 ai 30 gr., ha una certa trasparenza e permette un facile riconoscimento dei Santini negli album, cosa per il Collezionista molto importante. In questo modo eviterete anche il contatto diretto con le mani: sudore e grasso sono infatti causa di muffe e batteri dannosi, che, tra l'altro, ossidano i pigmenti dei colori, gravemente danneggiandoli.
ATTENZIONE a non mettere i Santini DIRETTAMENTE a contatto delle tasche in plastica senza la protezione della carta: molte plastiche sono dannose, si appiccicano al colore distruggendo la stampa: acquistatele solo in negozi o presso venditori specializzati in articoli per il collezionismo cartaceo.
Questo è il mio modo di conservare i Santini della mia Collezione e al momento sono soddisfatto e fiducioso di poterli tramandare ai posteri integri così come mi sono giunti e molti di loro devo dire che di anni ne hanno tanti....
Un cordiale saluto a tutti,
Lucio