Spettacolare incisione a bulino su pergamena, con coloritura a mano e fiori applicati "à collage"-Incisore: Philibert Bouttats-Anversa, sec.XVII
(collezione privata Galanzi)
Il “Memento mori ”(lett.: "Ricorda che dovrai morire") compare sin dal II secolo a.C. come avvertimento severo all’uomo della transitorietà della sua stessa condizione.
Un documento assai rilevante in tal senso, pur ancora connesso al mondo pagano, è giunto sino a noi tramandato dall’ iscrizione funeraria di una tomba sulla Via Appia Antica a Roma:
Un documento assai rilevante in tal senso, pur ancora connesso al mondo pagano, è giunto sino a noi tramandato dall’ iscrizione funeraria di una tomba sulla Via Appia Antica a Roma:
Fortuna spondet multa multis, praestat nemini.
Viue in dies et horas, nam proprium est nihil.
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La Dea Fortuna promette molto a molti, non mantiene a nessuno.
Vivi giorno per giorno, ora per ora, poiché nulla ci appartiene.
Vivi giorno per giorno, ora per ora, poiché nulla ci appartiene.
E’databile del Medioevo, momento storico di trapasso caratterizzato da superstizioso terrore -“horror mortis”-nei confronti della Morte, la comparsa dei cosiddetti “Poemi sulla morte".
Naturale reazione sociale alla terribile pandemia di peste proveniente dalla Cina che nell' anno 1347, trovando nei floridi rapporti commerciali in essere un micidiale veicolo di diffusione, giunse in Italia falciando intere popolazioni e causando lutti gravissimi in ogni famiglia, l' "orrore della morte" causata dal terribile morbo si accrebbe venendo vissuto dai più quale "divino castigo" per condotte di vita dissennate e lontane dagli insegnamenti della Chiesa.
Sin dal sec. XIII i “Carmina mortis” meglio noti come “Vado mori” (lett. “Mi avvio alla morte”) celebrarono il tema dell’ineluttabilità della morte e del destino collettivo che, senza distinzione alcuna di ceto o di condizione, paritariamente tutti avrebbe accomunato.
Sulle cadenze dei “Poemi della morte” si diffonde già dalla prima metà del sec.XV in Italia e nel resto dell’Europa proveniente dalla Francia, lo stile di rappresentare graficamente, all’interno di Chiese così come di Conventi e Camposanti, la morte come scheletro danzante che imparziale tutti avviluppa nel suo macabro ballo: vecchi e giovani, ricchi e poveri, belli e brutti, Papi e Re.
Duro ammonimento della Chiesa per arginare la superbia e la corruzione dei ricchi e dei potenti e panacea nelle miserabili e durissime condizioni di vita dei più poveri, il "Memento mori" in tutte le sue varianti e sfumature indistintamente richiamava tutti i Cristiani all’osservanza della Parola di Dio, garantendo come premio finale la salvezza Eterna dell’Anima o, in caso contrario, la perpetua dannazione.
Sulle cadenze dei “Poemi della morte” si diffonde già dalla prima metà del sec.XV in Italia e nel resto dell’Europa proveniente dalla Francia, lo stile di rappresentare graficamente, all’interno di Chiese così come di Conventi e Camposanti, la morte come scheletro danzante che imparziale tutti avviluppa nel suo macabro ballo: vecchi e giovani, ricchi e poveri, belli e brutti, Papi e Re.
Duro ammonimento della Chiesa per arginare la superbia e la corruzione dei ricchi e dei potenti e panacea nelle miserabili e durissime condizioni di vita dei più poveri, il "Memento mori" in tutte le sue varianti e sfumature indistintamente richiamava tutti i Cristiani all’osservanza della Parola di Dio, garantendo come premio finale la salvezza Eterna dell’Anima o, in caso contrario, la perpetua dannazione.
Intorno al 1460, Lorenzo il Magnifico, Signore di Firenze, illustre Mecenate e letterato, che pur personalmente ebbe non poco a dolersi di lutti familiari gravissimi e prematuri, con malinconica rassegnazione così cantava:
“Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c'è certezza “ (dai ”Canti Carnascialeschi”)
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c'è certezza “ (dai ”Canti Carnascialeschi”)
Cinque secoli dopo, nel 1953, a Napoli, il principe Antonio De Curtis, per noi tutti l’amatissimo Totò, nella sua meravigliosa Poesia “‘A livella” da voce al povero netturbino defunto Gennaro Esposito (personaggio di fantasia) che davanti all’arrogante indignazione di un blasonatissimo Marchese, con disgusto e insofferenza accanto a lui sepolto, con semplicità gli ricorda che la morte, ineffabile destino di tutti gli esseri umani, è una livella, che tutti accomuna ed eguaglia.
Paola Galanzi
IL N' Y A APOINT DE DEMAIN
CAR VRE (VOTRE) HEURE EST IN CERTAIN
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NON C'E' ALCUN DOMANI
POICHE' IN CERTO E' IL VOSTRO TEMPO.
"Memento mori "parafrasata dall'artista-incisore in una sentenza volutamente e compiaciutamente sibillina (notate come in particolare siano staccate le parole IN e CERTAIN (tr.:IN e CERTO), che per gli amanti della Storia romana non può non richiamare alla mente il famoso responso: "IBIS REDIBIS NON MORIERIS IN BELLO" dato dalla Sibilla cumana ad un generale romano che la interrogava sull'esito della guerra, e che come caratteristica intrinseca di tali responsi, a seconda delle pause nella pronuncia assumeva due significati completamente opposti.
Esaminando con la dovuta attenzione la bella pergamena sono dunque quattro gli elementi salienti ed inscindibili tra loro: l’antitesi netta tra il corvo-volatile simbolico della vacuità delle umane ambizioni che gracchiando “CRAS,CRAS !” (in latino: domani, domani !”) si appella ad un giorno che mai verrà, così come gli viene confermato dal teschio che gli si oppone aleggiando con ali di pipistrello, cui netto è il richiamo alla provvisorietà fugace della Vita.
Gli altri due elementi contrari sono rappresentati dal globo sormontato dalla Croce, simbolo del progetto d’Amore di Dio nei confronti dell’uomo ed il cuore trafitto, ovvero le fatue umane preoccupazioni.
SCHEDA TECNICA
Magistrale incisione a bulino su rame su pergamena, con coloritura a mano e applicazione "à collage" di piccoli fiori stilizzati in stoffa coeva.
Incisore: Philibert Bouttats (1659-?) artista-incisore fiammingo del sec. XVII.
Dimensioni: cm. 8,00x 6,00 ca.
Che meraviglia, sapete che in questi ultimi anni nelle arti visive, pittura e scultura, troviamo moltissime opere con un teschio. Naturalmente nella maggior parte dei casi non è inteso come "memento mori" ma, si tratta sicuramente di una moda del momento.
RispondiEliminaAlcuni di voi avranno di sicuro potuto ammirare il teschio di Damien Hirst, tempestato di brillanti, sono più di 8000 il cui valore dovrebbe aggirarsi sul milione di euro. Una follia, certamente. Altri artisti hanno utilizzato il teschio, uno tra tutti Enzo Cucchi(pittore), che lo inserisce quasi sempre nelle sue mistiche e tenebrose opere d'arte.
Per quel che mi riguarda ho pochi pezzi di "memento mori", ma hanno sempre un fascino particolare rispetto alle altre raffigurazioni religiose.
un saluto Stefano
Complimenti sinceri per l'ottimo livello tecnico-culturale del vostro blog.
RispondiEliminaNonostante l'argomento sia per noi completamente nuovo abbiamo potuto
apprezzarne la validità e l'ottima fattura.
Interessanti i riferimenti storici del "Memento mori" e la collezione
dell'abbazia di Gottweig che penso possa entusiasmare anche dei profani (ma
amanti del bello) come noi.
Con l'augurio di vederci presto vi salutiamo caramente.
Roby e Franca.
Carissimi Paola e Renato,
RispondiEliminaaggiungo un piccolo tassello al bellissimo articolo sul "memento mori", richiamando un pensiero del grande Agostino che si legge nel libro X delle "Confessioni" al termine della trattazione della "memoria", nel paragrafo sulla verità.
"Hic esse valeo nec volo, illic volo nec valeo, miser utrubique" (Esser qui posso ma non voglio, esser lì voglio ma non posso, misero in entrambe le condizioni". La parola fondamentale è UTRUBIQUE, il "tra" il né qui né lì... Soltanto a partire da questo possiamo capire il senso della nostra miseria e della grandezza del dono fattoci da Cristo risorto.
..... il vostro sito è: arte, pensiero e trascendenza! complimenti
P. Giuseppe OSB
Thank you, dear Paola and Renato, for sharing your rare and meaningful print, “Memento Mori”, for your most interesting article on the history of the concept, and for your annotation of the engraving pointing out for us the artist’s masterful use of symbolism. This work of art provides much to contemplate during this season of Lent when we are asked to remember that we are dust.
RispondiEliminaIt is my understanding that in some of the desert monasteries, even today, a monk may choose to take time at the close of the day to make a prayerful retreat to the ossuary, the enclosure where the skulls of his brothers have been placed throughout the centuries and where his own will one day be placed. It gives the monk peace to remember the visual symbol that Our Lord has given to us all: the image of His Holy Cross raised in victory on Golgotha, The Place of the Skull.
As the engraving you bring to us so eloquently illustrates, it is the gift of the Great Artist of our soul to overlay with His Heart and His Life-Giving Cross the image of the skull wherever we find it.
With sincere appreciation,
Alan and Victoria